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Anche Red Bull e Oreca con auto da corsa idrogeno a Le Mans 2025

Red Bull Advanced Technologies sta realizzando in collaborazione con Oreca un’auto da corsa a idrogeno. La innovativa supercar parteciperà nel 2025 alla 24 Ore di Le Mans, la gara di durata più nota e celebrata del mondo. Red Bull è famosa come squadra di Formula 1 vincitrice del campionato del mondo ma non ha mai gareggiato alla 24 Ore di Le Mans. Per questo collaborerà con il team motorsport Oreca da tempo vincente nelle gare di durata. La vettura sarà della classe LMP ma la sua propulsione sarà mediante un sistema di trazione basato sulle celle a combustibile a idrogeno (fuel cells). Il progetto fa parte della Mission H24 dell’Automobile club dell’Ovest (ACO) ente organizzatore della gara di LeMans che ha introdotto la tecnologia idrogeno come alternativa pulita alla combustione interna. Le auto alimentate a idrogeno competeranno contro le auto ICE su un periodo di 24 ore. Questo richiederà rifornimento rapidissimi, impossibili alle auto solo elettriche. L’ACO vuole indicare che questa è la strada da seguire per le vetture non solo da corsa. Come potrebbe essere la vettura a idrogeno ? Per farsi un’idea si può guardare una vettura LMP perché è su questo tipo di vettura che si basa la nuova serie LMPH (LeMans Prototype Hydrogen) come previsto dalla ACO per la missione H24. Il suo schema di base è quello riportato qui.

1 Quattro motori elettrici sulle ruote posteriori (due su ciascuna) forniscono la propulsione.

2 Serbatoi di idrogeno: l’idrogeno è immagazzinato in tre serbatoi (700 bar) in carbonio utilizzati per alimentare la fuel cell (pila a combustibile a idrogeno). I primi due serbatoi sono ai lati dell’abitacolo e il terzo dietro al pilota.

3 Sistema Fuel cell: Composto da quattro pacchi (stack) di celle a combustibile (pile a idrogeno). Le molecole di idrogeno reagiscono nelle celle e producono l’elettricità che (opportunamente trasformata) alimenta i motori elettrici della vettura. Un singolo pacco di celle a idrogeno (4) è costituito da 230 singoli elementi compattati che comprende le piastre bipolari e le membrane protoniche (che lasciano passare solo i protoni). Le molecole di idrogeno vengono dissociate nei piatti delle fuel cels da una catalizzatore (platino) in protone (H+) ed elettrone (e-). Gli elettroni (elettricità) vanno ai motori elettrici mediante circuiteria mentre i protoni attraversano tutta la fuel cell e vanno a formare vapore d’acqua al lato opposto reagendo con l’aria.

5 La presa d’aria. L’aria è fondamentale per la reazione elettrochimica che avviene nelle celle. Attraverso questa presa d’aria essa viene filtrata, compressa da un compressore, poi umidificata, prima di entrare nelle fuel cells.

6 Batterie tampone e supercap (opzionali). L’elettricità in eccesso prodotta dalla fuel-cell a idrogeno e dal sistema KERS (in fase di frenata) alimenta sistemi di accumulo a recupero veloce. Il conducente può disporre nelle fasi di in accelerazioni di una potenza di almeno 480 kw (l’equivalente di circa 650 CV) Il progetto prevede ls possiblità di raggiungere 1000 CV. Per il momento il regolamento non prevede vincoli rigidi ma da indiscrezioni potrebbe non essere ammessi i super capacitori (super condensatori) per il recupero rapido da frenata e decelerazione, che qualche team ha inoltrato la richiesta di poterli impiegare.

7 Trasmissione. Uno speciale cambio epicicloidale ad una sola marcia e senza frizione gestisce la potenza nei motori elettrici.

8 Compressore. Comprime e accelera l’aria che entra (fino a 300 g al secondo). La girante del compressore raggiunge 100.000 giri al minuto. La modulazione fino ad un valore massimo (non ancora indicato dai regolamenti) del flusso d’aria che entra nel compressore incide sulla reazione che avviene nella fuel cells e quindi determina la quantità di energia elettrica prodotta e la potenza disponibile per il pilota.

9 Umidificatore. E’ previsto perché l’aria umidificata immessa nella fuel cells migliora l’interazione tra gli atomi di ossigeno e le molecole di idrogeno. L’umidificatore assicura infatti che il livello di umidità dell’aria che entra nel sistema a fuel cells sia adeguato e rimanga costante.

10 Radiatori e sistema di raffreddamento.

11 Scarico: L’unica emissione prodotta dalle vetture LMPH2G è l’acqua come vapore. Il vapore fuoriesce attraverso quattro prese d’aria verso la parte posteriore dell’auto, al centro del diffusore aerodinamico.

La ditta francese Plastic Omnium si è aggiudicata mediante un bando l’esclusiva per lo stoccaggio dell’idrogeno a bordo (alla pressione di 700 bar) di tutti i prototipi partecipanti e fornirà il serbatoio per le vetture del progetto Mission Le Mans Idrogeno.

Ha dichiarato Pierre Fillon, presidente di ACO: “ Grazie ad Oreca, team pilastro storico della 24 Ore di Le Mans e Red Bull Advanced Technologies, azienda di successo mondiale nel motorsport, ACO beneficerà di una vasta esperienza nelle gare endurance per garantire prestazioni eccezionali nella classe Idrogeno alla 24 Ore di Le Mans del 2025. L’ACO guarda al futuro del motorsport per gare a zero emissioni e lo sviluppo di nuove tecnologie a idrogeno per le generazioni future. Avere queste aziende automobilistiche di alto livello con noi potrà attirare interesse da parte di altre Case”.

“Sono lieto che Red Bull Advanced Technologies sia stata scelta dall’ACO insieme ai nostri partner ORECA per sviluppare il concetto di un’auto da corsa endurance alimentata a idrogeno per Le Mans”, dice il CEO di Red Bull Advanced Technologies e team principal di Formula 1, Christian Horner. “Siamo in grado di accettare la sfida posta dall’ACO, per la quale utilizzeremo molto del nostro know-how della nostra vettura da Formula 1. Red Bull Racing F1 ha un insieme di esperienze che possono essere facilmente trasferite su altri veicoli anche così all’avanguardia come un’auto da corsa a idrogeno. Un nuova categoria a idrogeno a Le Mans offre una prospettiva emozionante sul futuro del motorsport sostenibile e promette sia di far progredire l’uso dell’idrogeno nei trasporti, sia di offrire gare stupende”.

Hugues de Chaunac, Presidente del team motorsport Oreca, ha aggiunto: “Siamo orgogliosi che ACO ci abbia scelto per lavorare insieme a Red Bull Advanced Technologies su questo e siamo entusiasti di lavorare con gli altri partner del progetto. La collaborazione è vitale se vogliamo riuscire a introdurre una Classe Idrogeno alla 24 Ore di Le Mans del 2025. Oreca ama le sfide e i cambiamenti pionieristici, possiamo esprimere pienamente il nostro talento in un’impresa così avvincente.

Il progetto prevede che Oreca attinga alle sue capacità di progettazione e produzione ed alla sua conoscenza ed esperienza nelle gare di durata. Red Bull Advanced Technologies, la divisione di soluzioni esterne high-tech di Red Bull Technology, porterà la sua esperienza accumulata in questi anni in F.1 nei campi di aerodinamica, dinamica del veicolo, tecnologia di simulazione e ottimizzazione del recupero energetico. L’obiettivo è realizzare un prodotto a idrogeno che punti sul futuro sostenibile delle corse di durata la cui tecnologia è evidentemente trasferibile sulla mobilità sia prestazionale che normale.

Oreca07 LMP (gentile concessione Oreca)

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FONTI: RED BULL ADVANCED TECHNOLOGIES – ORECA MOTORPORT – ACO (automobile club de l’ouest)

Toyota Mirai idrogeno. Record mondiale 1.003 km con un solo rifornimento.

La nuova Toyota Mirai ha superato i 1.000 km con un pieno di idrogeno. Il record dimostra come la tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno sia una soluzione leader per percorrere lunghe distanze a zero emissioni.

Il record è iniziato alle 5:43 dalla stazione a idrogeno HYSETCO di Orly e si è concluso dopo aver percorso 1003 km con un solo rifornimento. I 1003 chilometri a zero emissioni sono stati percorsi su strade pubbliche, a sud di Parigi e nelle aree di Loir-et-Cher e Indre-et-Loire, e la distanza e i consumi sono stati certificati da un’autorità indipendente.

Durante la prova è stato utilizzato idrogeno verde (prodotto da energie rinnovabii) e il consumo medio di idrogeno è stato di 0,55 kg / 100 km pari a 0,18 kwh/km (1 kg di idrogeno contiene 33 kwh di energia elettrica).

La nuova Mirai ha dimostrato la sua efficienza e facilità di guida e il un pieno di 5,6 kg di idrogeno è stato effettuato in 5 minuti presso una stazione di rifornimento a 700 bar. La nuova Mirai è una vettura di seconda generazione della Toyota a idrogeno a celle a combustibile. Offre prestazioni migliori, un design più elegante e nuove dinamiche di guida rispetto al modello di prima generazione.

Inoltre, una migliore efficienza del sistema a celle a combustibile, una maggiore capacità di serbatoio e una migliore aerodinamicità, contribuiscono ad aumentare la percorrenza ad oltre a 650 km in condizioni di guida normali. Per raggiungere questo record di 1003 km percorsi, i piloti hanno adottato uno stile di “guida ecologica” facilmente utilizzabile da tutte le tipologie di guidatori.

“Zero emissioni” non rappresenta il punto d’arrivo per Toyota. È solo uno step nel percorso di elettrificazione di Toyota, per superare le barriere e costruire un futuro migliore oltre alle emissioni, oltre alle restrizioni, e oltre alle barriere. Mirai incarna chiaramente il concetto di “oltre le emissioni” evidenziando i vantaggi della mobilità elettrica a zero emissioni, fornendo al contempo sicurezza, comfort, prestazioni e facilità di ricarica.

Inoltre, l’idrogeno, in quanto risorsa affidabile e abbondante per il trasporto e lo stoccaggio dell’energia, rappresenta un’opportunità per creare una società migliore. L’idrogeno può offrire una mobilità a zero emissioni, non solo al trasporto su strada, ma anche per treni, imbarcazioni e aerei, e per generare energia per industrie, aziende e per uso domestico. A questo proposito, Toyota sostiene molte iniziative per democratizzare e diversificare le applicazioni delle celle a combustibile a idrogeno: generatori elettrici (EODev), imbarcazioni (Hynova), taxi, autobus (Hype e RATP), camion (Hino), la città dell’idrogeno (Woven City) e altro ancora.

Tra i 4 piloti che hanno raggiunto il record vi era Victorien Erussard, fondatore e capitano dell’Energy Observer. di cui Toyota è partner, che è la prima imbarcazione dotata di tecnologia a celle a combustibile realizzata dalla Toyota. E’ una barca autonoma dal punto di vista energetico, a zero emissioni e rappresenta un laboratorio di ricerca e uno strumento di comunicazione mondiale verso la transizione energetica. Energy Observer si è ora evoluta in un’azienda che si occupa di ricerca e innovazione e ha presentato a Parigi il suo nuovissimo villaggio espositivo dedicato alle energie rinnovabili e all’idrogeno. Durante l’evento «Le Paris de l’hydrogène» che si è svolto in Champ-de-Mars dal 20 al 30 maggio 2021, la Torre Eiffel è stata illuminata per la prima volta dall’idrogeno verde, grazie al generatore di idrogeno GEH2® sviluppato da EODev, start-up di cui Toyota è azionista. James Olden, ingegnere di Toyota Motor Europe, Maxime le Hir, Product Manager Mirai, e Marie Gadd, PR manager di Toyota France, erano gli altri 3 piloti.

Frank Marotte, CEO di Toyota France ha dichiarato “L’obiettivo raggiunto con la nuova Mirai è stata una sfida incredibile. Abbiamo dimostrato nuovamente oggi la nostra attitudine rappresentata dal motto ‘Start Your Impossible’, che ci guida e ci spinge ad andare oltre i nostri limiti,. Desidero ringraziare i team di Toyota France e Toyota Europe, e Victorien di Energy Observer, con cui condividiamo la stessa visione e la stessa ambizione. È attraverso solide partnership che saremo in grado di contribuire a una società migliore e più rispettosa dell’ambiente. Per guadagnare spazio per il futuro, ispirati sempre dall’ambizione di Toyota di andare “oltre lo zero”.”

Victorien Erussad, fondatore e capitano di Energy Observer “Sono molto felice di aver raggiunto l’obiettivo di percorrere 1.000km con la nuova Mirai. Toyota è sempre stata in prima linea nell’innovazione dell’idrogeno e la nostra collaborazione si rafforza di anno in anno. Come ex pilota in oceano aperto, devo affrontare delle sfide e ringrazio calorosamente Frank Marotte e i suoi team per avermi portato a bordo in questa avventura a zero emissioni, dimostrando che nulla è impossibile e che la mobilità a idrogeno è qui, oggi!”

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Fonte: Toyota press japan

Idrogeno verde per le abitazioni. Il progetto inglese H100 Fife

Il riscaldamento è responsabile fino a un terzo della produzione di gas serra nel Regno Unito: una sfida che deve essere risolta per raggiungere gli obiettivi di “emissioni zero” (in Inghilterra legalmente vincolanti) fissati dal governo britannico e dal governo scozzese. Il progetto H100 Fife ha come obiettivo quello di sostituire il gas naturale (responsabile delle emissioni serra) per le caldaie domestiche e delle aziende con l’idrogeno.

L’idrogeno non produce carbonio quando reagisce come combustibile per dare calore o quando genera elettricità tramite le fuel cells. Il suo impiego assicura quindi il riscaldamento delle case e delle aziende senza “emissioni serra” fornendo così un contributo sostanziale nella lotta contro l’emergenza climatica.

Sulla costa orientale della Scozia, il progetto H100 Fife della brittannica Sgn fornisce ai residenti della zona l’opportunità di essere all’avanguardia nell’economia energetica libera dal carbonio.

II progetto consiste nello sviluppo della prima rete locale di distribuzione diretta di idrogeno al Mondo. A Levenmouth l’idrogeno rinnovabile sarà portato direttamente nelle case. Dal 2022 sarà possibile riscaldare le abitazioni e cuocere gli alimenti a zero emissioni. Nella prima fase del progetto, la rete riscalderà circa 300 abitazioni locali utilizzando idrogeno prodotto da un impianto di elettrolisi, alimentato da una vicina turbina eolica offshore.

L’energia eolica come fonte di energia pulita su larga scala è una parte fondamentale per lo sviluppo e la crescita dell’idrogeno. Permette infatti di generare grandi quantità di energia elettrica pulita necessaria per l’elettrolisi – il processo che crea l’idrogeno dall’acqua.

Quando l’idrogeno è prodotto da energia elettrica rinnovabile mediante elettrolisi, sia la generazione che gli utilizzi dell’idrogeno, in particolare la produzione di calore mediante speciali combustori di varie taglie, non producono carbonio. Questo progetto, che combina energia pulita con il riscaldamento metterà la Scozia e il Regno Unito sulla strada per raggiungere le zero emissioni entro il 2045 e il 2050.

Tutto inizia a Levenmouth (Scozia): il progetto include una distribuzione innovativa dell’idrogeno attraverso una rete di tubazioni in polietilene, appositamente costruita per trasportare idrogeno al 100%. In generale una tubazione in polietilene, grazie alle proprietà di resistenza e duttilità di questo materiale, viene impiegata nel trasporto di biogas, di fluidi industriali, nel teleriscaldamento, nella geotermia.I tubi in polietilene garantiscono qualità e sicurezza dei fluidi trasportati. Il polietilene è uno dei polimeri più diffusi. Da un punto di vista chimico è un materiale termoplastico che si ottiene mediante la polimerizzazione dell’etilene, un processo che lega le molecole di etilene in una macromolecola o, appunto, polimero. I test previsti in Scozia affronteranno i problemi associati al trasporto dell’idrogeno e gli eventuali effetti sui tubi in polietilene. Testare il comportamento dell’idrogeno in queste condotte assicurerà che non si verifichi alcun deterioramento al suo passaggio nei tubi. Una componente importante di questa rete di distribuzione dell’idrogeno sono anche le valvole di eccesso di flusso (EFV), dispositivi che arrestano il flusso di un gas nel caso che la portata superi un certo limite di sicurezza. Queste valvole vanno installate su ogni tubo di servizio, ma attualmente sono approvate solo per l’uso con il gas naturale e non ancora con l’idrogeno. Una valutazione completa di questi componenti con l’idrogeno sarà pare del progetto in termini di materiali, tecnologie di fabbricazione e funzionamento sperimentale.

Il progetto H100 Fife è parte del programma Gas Goes Green, una importante “road map” dell’industria britannica per la riduzione delle emissioni di carbonio, nata da una collaborazione con l’Energy Networks Association (ENA), National Grid, Cadent, Northern Gas Networks e Wales & West Utilities che ha come focus una serie di progetti innovativi che mirano a sviluppare un sistema di gestione dell’idrogeno sicuro e intelligente per fornire riscaldamento green a case e aziende.

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Fonte: Sgn UK

A Bolzano altri dodici autobus a idrogeno

La Provincia di Bolzano e la società di mobilità pubblica della città (SASA) investono in mobilità a emissioni zero. Tre dei nuovi dodici bus ad idrogeno presentati oggi saranno a breve inseriti nel servizio di linea a Bolzano per il trasporto urbano. Sono alimentati a idrogeno, non producono nessuna emissione inquinante ed hanno 350 chilometri di autonomia. I bus, realizzati dall’azienda Solaris (polacca con sede operativa a Roma) si andranno ad aggiungere a quelli a idrogeno a celle a combustibile (fuel cells) già in servizio a Bolzano dal 2013. La Provincia ha contribuito al finanziamento dei nuovi autobus per lo sviluppo del trasporto pubblico locale verso un futuro privo di emissioni. “La decisione della Provincia di Bolzano di investire consistenti risorse per l’acquisto di nuovi bus a idrogeno è in linea con la visione strategica del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili” ha affermato il Ministro, Enrico Giovannini. “La transizione ecologica è una delle missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sul quale puntiamo per un nuovo rilancio del Paese che ponga al centro il benessere delle persone e la competitività delle imprese, nel rispetto dell’ambiente. In questo ambito – aggiunge il Ministro – è previsto un investimento di oltre 3 miliardi di euro per il rinnovo del parco autobus impiegato nel trasporto pubblico locale con l’acquisto di mezzi elettrici e a idrogeno per le aree urbane. La mobilità sostenibile nelle città, grandi e piccole, è un elemento importante e la Provincia di Bolzano ha già avviato questo percorso virtuoso”. “L’innovazione, la sostenibilità e l’uso intelligente delle risorse locali sono la chiave per il riavvio – afferma il presidente della Provincia, Arno Kompatscher – attraverso la ricerca e progetti come la sperimentazione di autobus ad idrogeno, l’Alto Adige negli ultimi anni è diventato pioniere in questa tecnologia. Ora stiamo per compiere il prossimo grande passo: la tecnologia non è più sperimentale e a Bolzano avremo la prima flotta di 12 autobus ad idrogeno d’Italia,” precisa il presidente.

“Solo un sistema di trasporto pubblico efficiente può essere una valida alternativa al trasporto individuale – sottolinea l’assessore alla mobilità, Daniel Alfreider – e questo dovrebbe anche essere il più sostenibile possibile, ora che le innovazioni tecnologiche lo permettono. L’Alto Adige è stato coinvolto più volte in progetti europei di successo e fa parte di una rete europea attiva che lavora per un futuro più sostenibile e vivibile. Noi puntiamo molto sulla produzione dell’idrogeno verde per una mobilità ad emissioni zero sia per il trasporto pubblico, ma anche per il trasporto merci. Per questo, insieme al Ministero ed all’Unione Europea, vorremmo investire in questa tecnologia, nelle infrastrutture di rifornimento e in veicoli nuovi. L’obiettivo è realizzare un Brenner Green Corridor che collega il Sud con il Nord Europa in modo sostenibile e basato su tre pilastri fondamentali: trasferimento sulla ferrovia, digitalizzazione e veicoli a basse emissioni a idrogeno”. “La messa in servizio dei nuovi autobus a idrogeno è un passo importante nell’attuazione della nostra strategia a lungo termine” – spiega Petra Piffer, direttrice di SASA, Società Autobus Servizi d’Area che gestisce i trasporti pubblici di Bolzano – “Questa strategia prevede di convertire entro il 2030 gran parte della flotta SASA in veicoli sostenibili a batteria ed a idrogeno. Peraltro, queste tecnologie si prestano particolarmente ad essere utilizzate in un contesto urbano, in quanto non solo riducono le emissioni atmosferiche, ma anche quelle acustiche. Per ora i mezzi sono in servizio principalmente in ambito urbano, tuttavia è già in fase di studio l’impiego di mezzi a zero emissioni anche fuori dalle città.”

“Gli autobus con cella a combustibile a Bolzano sono 100% a zero emissioni. Già di per sé non producono emissioni nocive localmente e l’idrogeno utilizzato è “verde”, cioè prodotto da fonti rinnovabili certificati presso il nostro impianto di produzione, evitando completamente l’emissione di CO2 o di altre sostanze inquinanti”, sottolinea Dieter Theiner, presidente dell’Istituto per Innovazioni Tecnologiche (IIT) Bolzano. “Crediamo che le sinergie nello sviluppo di tutti i rami dell’elettromobilità siano indispensabili per una efficiente decarbonizzazione del trasporto pubblico ed è proprio in questo ambito che si colloca l’autobus ad idrogeno – spiega Alberto Fiore, direttore generale di Solaris Italia, – in Europa si nota una spinta propulsiva verso l’autobus ad idrogeno con i progetti Jive II (per l’acquisto di veicoli) e Mehrlin (per la realizzazione di infrastrutture); si pensi che attualmente più di 200 stazioni per il rifornimento di idrogeno sono già operative in Europa ed altre 120 sono in corso di realizzazione. Più di 300 autobus ad idrogeno sono stati acquistati nel territorio UE, e molti di essi sono prodotti dalla Solaris.“

Il veicolo elettrico “Solaris Urbino 12 hydrogen” è un autobus ultramoderno a zero emissioni che combina, per la sua trazione, una cella a combustibile ad alte prestazioni da 70kW di potenza ed una batteria performante al titanato di litio da 29,2 kWh di energia. Il veicolo è equipaggiato con due motori elettrici alle ruote con potenza massima di 125 kW cadauno. La capacità dei 5 serbatoi dell’idrogeno di 312 litri geometrici è di 37,5 chilogrammi per una percorrenza giornaliera superiore a 350 km. Gli unici prodotti di “scarto” generati durante il funzionamento di «Solaris Urbino 12 hydrogen» sono vapore acqueo a 55° circa. I veicoli sono a zero emissioni. L’acquisto della nuova flotta di bus è cofinanziato al 30% attraverso il progetto UE JIVE, dal Fuel Cells and Hydrogen 2 Joint Undertaking e sostenuto dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione europea.

Fonte: Amministrazione Provincia Bolzano

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Stellantis – Il primo veicolo idrogeno a fuel cells del gruppo

Stellantis ha comunicato di recente il proprio futuro a idrogeno fuel cell. Inizialmente si tratterà di veicoli commerciali leggeri; successivamente saranno anche le autovetture. La tecnologia idrogeno sarà implementata innanzitutto nei modelli Citroen Jumpy, Opel Vivaro e Peugeot Expert, veicoli già disponibili in versione elettrica a batterie. Già a fine 2020 Psa aveva comunicato un piano di sviluppo che comprendeva l’idrogeno. La ditta Faurecia realizzerà i serbatoi per l’immagazzinamento dell’idrogeno mentre Symbio (joint venture creata da Faurecia con Michelin) fornirà lo “stack” di fuel cells che è sistemato, nel vano motore, col motore elettrico da 136 CV. Entro il 2025, ogni modello prodotto da ciascuno dei marchi che fanno capo alla Stellantis avrà almeno una propria versione elettrificata. Riguardo alla scelta dei veicoli commerciali leggeri (LCV) come “teste di ponte” per la tecnologia “Hybrid Hydrogen Fuel Cell“ Stellantis, la ragione è che si rivelano particolarmente adatti per il pianale e perché sono impiegati su percorrenze giornaliere di 2-300 km per l’83% dei clienti che devono inoltre poter entrare nei grandi centri urbani. Altri vantaggi: zero emissioni allo scarico; autonomia di marcia elevata (circa 400 km di percorrenza), tempi di rifornimento rapidi (tre minuti di sosta per un “pieno” di idrogeno).

 

I serbatoi, realizzati da Faurecia, sono sistemati nel pianale e rifornibili attraverso un bocchettone collocato in corrispondenza della fiancata posteriore sinistra del veicolo e sono tre per una capacità complessiva è di 4,4 kg, ad una pressione di 700 bar (lo standard europeo). La potenza del sistema fuel cel è di 45 kW (61 CV) mentre la capacità energetica delle batterie agli ioni di litio è di 10,5 kWh (posizionate al di sotto dei sedili). Stellantis ha scelto un sstema di alimentazione elettrico ibrido “mid-power” che abbina i vantaggi della tecnologia di alimentazione a idrogeno mediante uno stack di fuel cells di non grandi dimensioni con le batterie. Quindi l’idrogeno provvede all’energia necessaria per assicurare un’autonomia ad ampio raggio mentre le batterie collaborano quando è richiesta potenza per garantire elevate prestazioni. L’energia disponibile nelle batterie agli ioni di litio è sufficiente ad assicurare un’autonomia di marcia in elettrico nell’ordine di 50 km (secondo gli standard WLTP) e circa un’ora di sosta mentre l’idrogeno assicura altri 150 km di autonomia. La ricarica delle batterie si ha collegando il veicolo (tramite una presa posizionata sul parafango anteriore sinistro) ad un caricabatterie da 11 kW a corrente alternata.

 

Il veicolo è progettato per garantire una capacità di funzionamento anche in condizioni climatiche particolarmente rigide (-20° C) in virtù della potenza termica assicurata delle celle di combustibile (che producono acqua calda come prodotto di scarto). Si avvia il mezzo sempre in modalità elettrica (condizione necessaria per fare raggiungere la temperatura di esercizio ottimale alle fuel cells a idrogeno), e – grazie anche all’adozione del sistema di recupero dell’energia le batterie assicurano la massima potenza richiesta, ma anche di raggiungere la più vicina stazione di rifornimento qualora l’idrogeno si esaurisca. Lo sviluppo della prima gamma di veicoli a idrogeno fuel cell Stellantis è stata a cura della Divisione Special Vehicles di Opel.

I prezzi di vendita saranno resi noti più avanti: non si esclude, e questo è da rimarcare, un possibile ampliamento del nuovo sistema di alimentazione ad altri “brand” della Stellantis (in particolare Fiat Professional) e un successivo allargamento alle autovetture. “L’utilizzo dell’idrogeno è cruciale in materia di transizione energetica – osserva Frank Jordan, responsabile della Direzione Research & Innovation Germany – “tuttavia è necessario investire sulle infrastrutture di rifornimento, come si sta già facendo in Germania”. Occorre uno sviluppo delle produzioni dell’idrogeno “green”, delle infrastrutture di rifornimento e di stoccaggio, ed un aumento dell’economia di scala per ottimizzare i costi industriali.

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I colori dell’idrogeno (e i diversi costi)

L’Italia “a colori”, le intenzioni di voto politico “a colori” , l‘idrogeno “a colori” ….

In questa epoca di percezioni che debbono essere molto veloci ma intuitive, basate su visualizzazioni grafico-informative che ti bombardano come un caleidoscopio di informazioni colorate, sempre meno facili da memorizzare, l’approccio cromatico alle news sembra comunque inevitabile.

Oltre alle “regioni a colori” (che variano in funzione dei decreti nazionali anti-covid) e le barrette a colori dei sondaggi sui partiti di Bruno Vespa (e della bella compagnia di anchorman televisivi con i loro continui e spesso “coloriti”, oltre che “colorati”, dibattiti politici), non poteva mancare la classificazione a colori anche per l’idrogeno.

Una tavolozza colorata che, al di là della superficialità comunicativa, in questo specifico caso indica la gamma, non solo cromatica ma ormai reale, dei possibili destini energetici italiani, europei e mondiali nei prossimi anni (e i relativi costi).

Ma di cosa si tratta in concreto ? Cosa c’entrano i colori con l’idrogeno ?

Naturalmente non è il colore del gas: l’idrogeno è completamente incolore.

Si tratta invece della convenzione cromatica, condivisa a livello planetario, che identifica i differenti processi chimici oppure fisici mediante il quale l’idrogeno può essere prodotto, con riferimento alle diverse fonti di energia che vengono impiegate per produrlo.

E’ noto che l’idrogeno non esiste isolato in natura. E’ un elemento chimico fondamentale nell’universo ed è presente ovunque (dal vino alla benzina, dall’acqua al nostro stesso corpo etc. ) con una incidenza percentuale elevata (molto superiore, in ciascun caso, a quella di tutti gli altri elementi che vi sono presenti). Ma, come detto, non si trova mai da solo (come elemento chimico isolato).

In questa fase del progresso umano (ventunesimo secolo), grazie a nuove applicazioni dei principi elettrochimici, è ormai possibile identificare biunivocamente l’idrogeno con l’energia elettrica (una equivalenza diretta), grazie in particolare alle fuel cells

L’idrogeno è da considerare un vettore energetico che, attraverso il suo passaggio nei due elettrodi e nelle membrane di queste speciali pile (le fuel cells, alimentate appunto a idrogeno), si trasforma direttamente in corrente elettrica generando anche calore.

Il processo è elettrochimico (senza attriti meccanici) ed ha rendimento quattro volte più elevato di quello dei nostri motori classici a combustione. Quindi si può proprio affermare “idrogeno=elettricità” (ovviamente qualche piccola dispersione energetica c’è perché nessuna macchina è senza perdite per un principio termodinamico). Ma il vantaggio di questo sistema è che possiamo produrre l’idrogeno in un punto A) ed utilizzarlo in un punto B) quasi senza dispersioni, anche a grande distanza.

Qualcuno sta pensando di produrre l’idrogeno col sole del Sahara e portarlo (via nave “idrogenifera”) in Europa, ma molto più semplicemente posso produrre idrogeno dal fotovoltaico sul tetto per scaldare la casa (meglio un condominio per i costi di impianto)

E per un mondo, come il nostro attuale, che viaggia decisamente verso la mobilità elettrica per ragioni ambientali ormai improrogabili, il trinomio “idrogeno-celle a combustibile-mobilità” diventerà il “must” energetico automotive di questo secolo. Il Presidente dalla Toyota (Mr. Akio Toyota) ha affermato, lo scorso anno, che nel 2060 tutte le auto saranno elettriche: (quelle cittadine “elettriche solo a batterie” mentre quelle da utilizzare per lunghi viaggi saranno “elettriche con pile a idrogeno”).

Ma queste soluzioni energetiche “a idrogeno” stanno ormai estendendosi anche alle abitazioni (vedi in un’altra parte del nostro giornale il filmato della prima “casa a idrogeno” italiana).

Si diceva che l’idrogeno deve essere prodotto (non esiste isolato in natura, ma è sempre legato chimicamente ad altri atomi per formare molecole di ogni tipo). Quindi il fattore critico è: come faccio a produrlo ? E poi: quanto costa ciascun metodo di produzione ? Ecco allora la ragione dei “colori dell’idrogeno”: colori differenti indicano metodi di produzione differenti. La classificazione convenzionale “colorata” dell’idrogeno è ormai condivisa a livello planetario.

Idrogeno nero. E’ l’idrogeno ottenuto dalla scomposizione della molecola dell’acqua (H2O) in idrogeno e ossigeno (processo di elettrolisi che si studia alle medie, rendimento di circa il 60%). Quando però la corrente elettrica necessaria a questo processo si ottiene da una centrale elettrica classica (a gasolio o a carbone) l’idrogeno prodotto non è ambientalmente accettabile (nero appunto).

Idrogeno viola. Si definisce viola quando viene ricavato dall’acqua con l’elettrolisi descritta sopra, ma la corrente elettrica che si utilizza in questo caso proviene da una centrale nucleare. Le emissioni di CO2 sono bensì nulle, ma occorre considerare  le scorie nucleari (che vanno confinate in siti speciali perché rimangono radioattive per oltre 400 anni). In Europa solamente la Francia, ricca di centrali nucleari, produce una certa quantità di idrogeno “viola” mentre Inghilterra e Germania, pur dotate anch’esse di centrali nucleari, preferiscono produrlo dalle energie rinnovabili. Anche perché entrambe hanno avviato un programma di dismissione progressiva delle loro centrali nucleari, per ragioni economiche e di sicurezza.

Idrogeno grigio. Viene definito grigio l’idrogeno che si ricava dal metano (molecola CH4) che è molto ricco di idrogeno, e viene separato dal carbonio mediante una reazione chimica (processo di “reforming”) che però produce la famigerata CO2 (anidride carbonica) che non è letale ma incide negativamente nell’effetto serra globale del Pianeta. Oggi oltre il 90% dell’idrogeno prodotto nel mondo è “grigio”

Idrogeno blu. Sta diffondendosi da pochissimi anni. Viene definito “blu” l’idrogeno prodotto come sopra (quindi originalmente “grigio”) quando l’anidride carbonica viene eliminata perché nel processo vengono previsti impianti, a valle della reazione chimica, che la “sequestrano” fisicamente. A livello mondiale si sono diffuse recentissime start-up e sono state attivate nuove divisioni di grandi aziende, che si occupano di catturare la CO2. Essa viene immagazzinata definitivamente sotto terra (per esempio all’interno di cavità naturali ovvero in location di pozzi di petrolio dismessi o altrove, per esempio in fondo agli oceani). Quindi l’idrogeno “blu” è amico dell’atmosfera del Pianeta.

Idrogeno verde. E arriviamo all’idrogeno “verde” che sarebbe il migliore di tutti. Viene ottenuto sempre con l’elettrolisi dall’acqua, ma nel caso viene utilizzata esclusivamente corrente elettrica prodotta da energie rinnovabili: idroelettrica, solare a concentrazione, solare fotovoltaica, turbine da vapore geotermico hot-dry-rock a 300°, maree, correnti sottomarine e grande eolico.

Questi i colori “base”. Ma attenzione: ci sono anche “tonalità cromatiche intermedie” che vanno aggiunte a questa classificazione. Per esempio, oltre al metano, che è “non rinnovabile” ma fossile, oggi si è molto diffuso il “biometano” che è totalmente rinnovabile. In Italia abbiamo circa 2.500 fattorie che producono biometano dalla fermentazione biologica dei residuati agricoli, dalle deiezioni animali e pure dai rifiuti urbani. Il bio-metano agricolo proviene da cicli “naturali”, quindi, oltre che rinnovabile, è considerato ad impatto ambientale nullo di CO2. Infatti la pianta cresce perché assorbe il carbonio ed il suo successivo degrado fermentativo a “fine vita” avviene a bilancio neutrale di CO2″. Però di fatto le coltivazioni agricole occupano  superfici in una vastissima zona, mentre le centrali di bio-metano funzionano mediante scarti che vengono trasportati da ogni dove e concentrati presso le singole centrali a biomassa. Quindi se ricavo l’idrogeno dalla biomassa (che ne contiene circa il 40%) e dal bio- metano col processo di “reforming”  in una mini centrale e la CO2 viene emessa proprio lì, posso classificare l’idrogeno prodotto come “verde” oppure, almeno un po’, è da considerare anche “grigio” ?

Analogamente,  se l’elettricità impiegata per l’elettrolisi (idrogeno dell’acqua) è prodotta da un sistema energetico che brucia biomasse (quindi con emissione di CO2 pur se a “neutralità climatica”) questa tecnologia (considerata comunque rinnovabile) mi darà un idrogeno “verde” o magari lo devo considerare “grigio-verde”? Infine anche la disputa fra solare, idroelettrico ed eolico può far cambiare la tonalità del verde. E’ infatti più verde l’idrogeno ottenuto dal sole oppure quello ottenuto dal vento o magari invece quello ottenuto da idroelettrico ? Occorre infatti considerare anche le emissioni occorse sia per realizzare l’impianto, che quelle prodotte durante le procedure di manutenzione periodica e infine da come sono stati realizzati i sistemi per l’accumulo di idrogeno sul posto.

I costi di ogni “colore”

Si diceva che i costi di produzione dell’idrogeno dipendono dal processo scelto (quindi dal colore…). Ogni colore dell’idrogeno ha ovviamente i suoi “pro” e i suoi “contro”, ma quali sono i costi dei singoli “colori dell’idrogeno” ?

Idrogeno grigio (ottenuto dal metano mediante reforming). Oltre ai costi di impianto, ormai ammortizzati nei paesi industrializzati, occorre considerare che il prezzo della energia potenziale contenuta del metano è di circa 25 €/1000 kWh (ovvero  0,025 €/kWh). Quindi, considerata la quantità di energia contenuta nel metano necessaria per produrre con il “reforming” 1 kg di idrogeno (circa 50 kWh) e che dopo il processo 1 kg di idrogeno contiene 33 kWh, il calcolo porta ad un costo dell’idrogeno “grigio” di 1,25-1,5 €/kg (0,025 x 50).

Idrogeno blu (grigio + sequestro di CO2), Occorre aggiungere al costo dell’idrogeno “grigio” (vedi sopra), anche quelli per il sequestro della CO2 che fanno aumentare le spese di impianto perchè esso diventa più complesso. L’efficienza del processo si riduce da 75-80% del grigio a circa il 69%. Quindi il costo di produzione dell’idrogeno “blu” diventa un po’ maggiore del grigio: circa 2 €/kg (il costo dell’idrogeno “grigio” maggiorato di 0,5 €/kg)

Idrogeno verde (ottenuto da elettrolisi dell’acqua con elettricità da rinnovabili). Occorre in questo caso considerare la combinazione incrociata di diversi costi: quello degli elettrolizzatori, quello dell’energia elettrica rinnovabile utilizzata e altri ancora fra cui l’ammortamento dell’impianto. Oggi l’efficienza di un impianto di elettrolisi  è compresa tra il 56 e il 60%. Per produrre 1 kg di idrogeno (che contiene 33 kWh di energia elettrica potenziale) servono tra 60 e 55 kWh di energia elettrica. In questa ipotesi, l’idrogeno verde costerebbe oggi da 7 a 8 €/kg (ogni KWh costa 0,12 €, quindi 0,12 x 60 = 7,2) a seconda della taglia dell’elettrolizzatore. Nel lungo periodo, il rendimento dovrebbe migliorare ancora sino al 67-75% (quindi da 49 a 45 kWh necessari per produrre un kg di idrogeno). Al 2030 l’idrogeno potrebbe pertanto costare da 3,7 a 5,9 €/kg. Infine, in prospettiva di più lungo periodo, se il costo dell’elettricità fotovoltaica scendesse a 35 €/1000 KWh, l’idrogeno potrebbe costare da 2,1 a 4,4 €/kg. Se poi l’elettrolizzatore fosse alimentato, anzichè dal sole, da un parco eolico off-shore (sul mare al largo)  come accade oggi nel Mar del Nord, l’idrogeno al 2030 costerebbe da 3 a 3,9 €/kg e nel lungo periodo potrebbe essere compreso tra 2 e 2,8 €/kg. L’idrogeno “verde” (quello ottenuto dall’acqua e dalle rinnovabili) costerebbe comunque sempre di più di quello “blu” (ottenuto dal metano) o di quello verde-blu (ottenuto dal biometano).

Conclusioni e prospettive per il settore automotive.

Considerati i vari processi per produrre l’idrogeno (vedi i diversi colori), i costi al Kg di idrogeno per ciascun processo e le previsioni europee, ipotizziamo un costo medio di 3 €/ Kg (idrogeno verde da solare al 2030 – vedi tabella sopra). Oggi una Toyota Mirai (oppure una Hyundai Nexo) a idrogeno fuel cells di ultimissima generazione percorre 120 km con un kg di idrogeno (costo 3 €/kg). Un’auto media a benzina percorre circa 18 km con un litro di benzina (costo medio 1,5 €/litro). Allora una semplice comparazione aritmetica ci fornisce un risultato a netto favore dell’idrogeno. Infatti spendendo 3 € in idrogeno percorro 120 Km mentre spendendo 1,5 € per un litro di benzina percorro 15 Km, Allora con 1,5 € (però spesi in idrogeno) un’auto a fuel cells (come per esempio la Toyota Mirai H2) percorrerà circa 60 km (conemissioni nulle).  Un risultato irraggiungibile dalle nostre attuali auto a combustione interna.

Il vantaggio delle auto a idrogeno risiede nella elevatissima efficienza “vehicle” perchè la loro powertrain (sistema di trazione a fuel cells) è elettrica, con elevatissimi rendimenti dei vari componeni, ricarica dell’idrogeno (rifornimento) istantanea ed una autonomia quasi tripla rispetto alle migliori auto elettriche con le sole batterie.

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La rivoluzione idrogeno Recovery Fund – Gli obiettivi nazionali ed i progetti regionali

Siamo all’ultimo chilometro per la presentazione a Bruxelles del Recovery Plan  (detto anche Next Generation UE) italiano. Per la nostra nazione sono previsti circa 200 miliardi di cui il 37% (quasi 80 miliardi) destinati alla transizione energetica green. Di questi, circa 3 miliardi sono per progetti destinati ad implementare il vettore energetico idrogeno nella nostra società. Vediamo in che modo e quali sono i progetti regionali più significativi che sono stati presentati al Governo per l’inoltro a Bruxelles (previsto entro il 30 aprile).

Il Piano Nazionale idrogeno italiano si articola sui seguenti punti:

A) Produzione di idrogeno da rinnovabili nelle aree industriali dismesse L’obiettivo finale è creare delle Hydrogen Valley che prevedano la produzione locale di idrogeno ed il suo utilizzo nelle zone circostanti, in un raggio anche di molti km.

B) Finanziamenti per supportare la filiera di prodotti per l’idrogeno (elettrolizzatori, accumulo, utilizzi stazionari e veicolari etc.) L’elettrolizzatore permette di ricavare idrogeno verde (dalle rinnovabili e dall’acqua). Lo scopo è di supportare la produzione di elettrolizzatori di diverse dimensioni per soddisfare la prevista domanda di idrogeno. Il target è di circa 5 GW (5 milioni di KW) di potenza di elettrolisi entro il 2030.

C) L’ idrogeno come alternativa al gas naturale per la produzione siderurgica es. Ferro Ridotto Diretto (DRI). L’idrogeno per produrre “acciaio verde” nell’industria siderurgica che attualmente utilizza il gas naturale. Oltre a ciò l’idrogeno potrebbe essere impiegato anche in altri processi che richiedono temperature elevate.

D) Creazione di una rete di stazioni di rifornimento di idrogeno per i trasporti (auto, bus mezzi pesanti). Per ora una prima rete di 40 stazioni di rifornimento di idrogeno.

E) Reti ferroviarie e treni a idrogeno a fuel cell per sostituire il diesel laddove l’elettrificazione dei binari non è economicamente vantaggiosa (attualmente circa il 40% della rete nazionale).

F) Finanziamenti alla ricerca per il vettore idrogeno in tutte le fasi: produzione, stoccaggio, distribuzione, utilizzi etc.. Obiettivi della ricerca e sviluppo con oggetto l’idrogeno: la sua produzione da diverse fonti energetiche, innovazionione e digitalizzazione di sistemi e reti energetiche basati sull’idrogeno, sviluppare le tecnologie per la produzione di calore dall’idrogeno senza emissioni, ricerca e sviluppo aventi come oggetto le fuel cells e i relativi rendimenti, ottimizzare la distribuzione dell’idrogeno adeguando il più possibile la rete italiana esistente per il gas naturale, sviluppare la produzione in loco dell’idrogeno da energie rinnovabili. Non ultimo: creazione di nuove figure professionali specializzate nei vari aspetti dell’idrogeno, in vista dello sviluppo di circa 300.000 nuovi posti di lavoro per le diverse iniziative previste per l’idrogeno da rinnovabili del Recovery Plan italiano.

I progetti idrogeno proposti dalle Regioni

Lombardia

La hydrogen valley lombarda si svilupperà intorno ad un progetto ferroviario nella tratta Brescia-Iseo-Edolo. Il progetto si chiama H2iseO ed è stato promosso da FNM e Trenord. Si sono già aggiunte A2A, Snam, Enel Green Power. Ma il progetto si estende anche ad altri utilizzi veicolari e stazionarii nella zona fra Brescia e Milano, dove esistono già due stazioni di rifornimento (un progetto di autobus a idrogeno di qualche anno fa) che saranno portate a erogare dagli attuali 350 a 700 bar di pressione, per poter poter alimentare anche le auto a idrogeno. Il “cluster” idrogeno lombardo prevede il suo utilizzo anche in alcune fonderie del bresciano i cui processi per la produzione di acciaio e leghe leggere potrebbero diventare “total green”

Trentino

La Provincia autonoma di Trento, già antesignana con mezzi finanziari propri nel 2011, di un cluster idrogeno (due bus a idrogeno come navette per i Mondiali di sci alpino 2011 e l’attivazione di una stazione di rifornimento a Predazzo) ha presentato quest’anno i suoi progetti per l’utilizzo dei fondi previsti dal Recovery Plan. Secondo la parlamentare trentina Vanessa Cattoi il rilancio deve partire dall’idrogeno. La Provincia autonoma di Trento prevede l’introduzione dell’idrogeno green prodotto da idroelettrico sia per la ferrovia Valsugana (Trento-Bassano del Grappa) sino a Borgo/Primolano, garantendone poi la prosecuzione sino a Bassano con treni a idrogeno nella tratta non elettrificata in sostituzione dei treni diesel. Ma l’idrogeno è previsto anche per gli altri utilizzi nella valle dell’Adige (da Bolzano a Verona) con un piano logistico per i trasporti sia pubblici che privati. La Provincia di Trento conta sul Recovery Fund per avviare anche una attività di progettazione, sperimentazione, realizzazione e gestione delle tecnologie per l’utilizzo dell’idrogeno. Le Olimpiadi 2026 potrebbero quindi trovare l’Italia come un Paese all’avanguardia con l’idrogeno prodotto nel rispetto dell’ambiente (idroelettrico ad alto salto dai laghi alpini) e delle peculiarità orografiche dei territori (idroelettrico fluviale a basso salto). Un progetto integrato di produzione dell’idrogeno con la disponibilità di stazioni di riferimento sia per i treni che per i bus a fuel cells ed una rete distributiva diffusa su tutta la provincia. Il che permetterebbe di fare del Trentino una regione tecnologicamente all’avanguardia ed un modello di eco-compatibilità ambientale.

Veneto

Il progetto Veneto per l’idrogeno nasce dalla collaborazione fra l’Autorità del Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, Sapio e Hydrogen Park e consiste nel trasformare l’ecosistema portuale della laguna veneta in un nuovo polo di energia pulita basato sull’idrogeno. Il progetto “PORTS8” prevede la realizzazione di un centro di produzione di idrogeno ed una stazione di rifornimento stradale di idrogeno nell’area portuale di Porto Marghera a Venezia. Il progetto “SUNSHINH3” svilupperà invece un sistema di distribuzione innovativo del’idrogeno basato sulla “ammoniaca verde” (che è una soluzione per accumulare e spostare l’idrogeno facilmente, ottima per le specifiche risorse impiantistiche di Marghera). Un sistema di accumulo e trasporto che consentirà di assicurare ai punti di utilizzo l’approvvigionamento di idrogeno verde (quello ottenuto in laguna da rinnovabili, senza emissioni di anidride carbonica). Il consorzio Hydrogen Park, a partire dal 2010, ha attivato le attività di ricerca e innovazione legate agli utilizzi dell’idrogeno e di recente è stata realizzata una imbarcazione a fuel cell alimentata a idrogeno denominata HEPIC (Hydrogen Electric Passenger venICe boat) che costituisce il primo passo per la diffusione della navigazione a idrogeno nella laguna veneta.

Emilia Romagna

Aziende in prima fila assieme alla Regione Emilia Romagna per i progetti idrogeno. Saipem e Qint’x realizzeranno un hub energetico rinnovabili – idrogeno (da eolico e solare) al largo delle coste di Ravenna per oltre un miliardo di euro. Si tratta del progetto “Agnes”, il primo hub energetico al mondo che combinerà più soluzioni integrate unendo eolico offshore, solare fotovoltaico galleggiante e idrogeno verde grazie agli elettrolizzatori che saranno posizionati sulle piattaforme ex oil&gas oltre le 6 miglia nautiche, quindi poco visibili dalla costa. Nel complesso, sono 620 MW di potenza installata galleggiante: 115 turbine eoliche alle quali si affianca un parco solare flottante da 100 megawatt. In totale, l’elettricità prodotta annualmente da eolico e solare ammonterà a 1,5 terawattora annui, sufficienti a coprire il fabbisogno di più di 500mila famiglie. L’eccesso di energia sarà usato per produrre idrogeno verde. Gli elettrolizzatori saranno posizionati sulle piattaforme quasi al centro del Mar Adriatico In questo modo si arriverà a generare circa 4mila tonnellate di idrogeno verde l’anno, pari al consumo di più di 2mila bus a idrogeno al giorno. Poi idrogeno anche per l’HUB portuale internazionale merci di Ravenna. La tecnologia ad idrogeno si sta aprendo infatti anche ai collegamenti ferroviari per sostituire i treni ancora funzionanti con motori diesel nelle linee ferroviarie non elettrificate. Con l’idrogeno prodotto “off-shore” a Ravenna si alimenteranno non solo i treni a idrogeno ma anche veicoli stradali pubblici e privati. Oltre che per gli spostamenti su rotaia nel porto di Ravenna, la tecnologia idrogeno per i treni potrebbe essere impiegata anche altri collegamenti ferroviari attualmente a gasolio: tra Ravenna, Faenza fino a Firenze e fra Ferrara e Codigoro. Queste linea oggi sono  percorse da treni inquinanti che utilizzano combustibili non rinnovabili (da petrolio). L’adozione di treni a idrogeno a fuel cells consentirà tempi di percorribilità più brevi ed inquinamento nullo”.

Umbria

Per il Recovery plan, l’Umbria propone la realizzazione del suo polo dell’idrogeno in un’area dismessa della centrale Enel di Gualdo Cattaneo non lontano da Todi. Si tratta di un progetto da 84 milioni di euro con due distributori di idrogeno: uno a Perugia e l’altro a Terni, entrambi al servizio di una prima flotta di bus a fuel cells. Il progetto prevede l’utilizzo di un’area di 18 ettari, di cui cinque dedicati alla produzione di idrogeno, nove per l’impianto fotovoltaico e quattro alle attività del laboratorio di ricerca sull’idrogeno denominato H2bLab. Secondo il piano umbro, da questo progetto integrato idrogeno dovrebbero nascere 300 nuovi posti di lavoro. A Perugia il distributore di idrogeno rifornirà almeno due autobus a celle combustibile per il trasporto pubblico a zero emissioni. A Terni l’altra stazione alimenterà dieci autobus di linea oltre a mezzi privati. L’impianto fotovoltaico avrà una potenza di 6 MW e produrrà energia elettrica green per l’elettrolizzatore che fornirà tutto l’idrogeno green necessario al progetto. H2Lab si occuperà anche di attività di trasferimento tecnologico, spin-off, informazione e divulgazione sull’idrogeno. Sono in programma altre iniziative idrogeno come la cogenerazione in ambito civile con le celle a combustibile a idrogeno, la produzione di acciaio green e l’uso dell’idrogeno per prodotti sintetici sostitutivi della plastica che attualmente sono ottenuti con tecnologie che impiegano fonti fossili.

Lazio

L’ hydrogen valley laziale avrà la sua sede naturale nel Centro di ricerche Enea di Casaccia, presso Roma. Un primo investimento da 14 milioni di euro è previsto per un insieme di infrastrutture per la ricerca e la sperimentazione su tutta la filiera dell’idrogeno: produzione, accumulo, distribuzione fino all’utilizzo nella generazione di energia nel settore industriale e nel residenziale. E’ prevista anche la realizzazione di una stazione di rifornimento per veicoli a idrogeno (bus e automobili, ma anche per mezzi di sevizio non stradali come i carrelli elevatori a idrogeno per la movimentazione delle merci).

Puglia

La Puglia vuole diventare uno dei centri nazionali di alta tecnologia  per l’idrogeno previsti dal Piano nazionale per la Ripresa e la Resilienza. “Con questa delibera di giunta – ha detto l’assessore all’Ambiente Maria Grazia Maraschio – avviamo i lavori di ricerca e studio finalizzati allo sviluppo e l’utilizzo dell’idrogeno in Puglia. Anche la Regione Puglia deve diventare una hydrogen valley, sfruttando le potenzialità in particolare di Brindisi, Taranto e Foggia e degli impianti di produzione solare ed eolica esistenti per attivare la produzione di idrogeno green da elettrolisi. Politecnico di Bari, Crea di UniSalento, il Distretto Tecnologico Nazionale sull’Energia, Enea, Nanotec e la Cittadella della Ricerca di Brindisi sono già impegnati insieme per l’idrogeno. La Puglia ha tutte le potenzialità per essere un punto di riferimento internazionale delle ricerche sull’idrogeno”

Sicilia

Data la sua posizione strategica nel Mediterraneo e i suoi collegamenti con il Nord Africa, la Sicilia si candida a diventare il più importante hub italiano ed europeo dell’idrogeno. Si pensa a idrogeno prodotto da rinnovabili nel Sahara e trasportato via nave (navi a idrogeno) in Sicilia. L’Isola sarà anche un riferimento internazionale di ricerche sull’idrogeno. “Stiamo ragionando con una visione strategica e di lungo periodo” spiega l’assessore all’energia Alberto Pierobon. “L’idrogeno è l’anello di congiunzione per una trasformazione “verde” dell’industria. Tutti i colossi energetici, da Eni a Snam, da Enel a Terna etc. hanno confermato il loro appoggio totale all’iniziativa idrogeno Siciliana”.

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Idrogeno verde a Venezia

L’obiettivo del progetto, nato dalla collaborazione fra l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, Sapio e Hydrogen Park è quello di trasformare l’ecosistema portuale della laguna veneta in un nuovo polo di energia pulita basato sull’idrogeno.

La collaborazione è articolata su due indirizzi tecnologici che vedono entrambi come protagonista l’idrogeno:

Il progetto “PORTS8” prevede la realizzazione di un centro di produzione di idrogeno ed una stazione di rifornimento stradale di idrogeno nell’area portuale di Porto Marghera a Venezia

Il progetto “SUNSHINH3”svilupperà un sistema di distribuzione innovativo di “ammoniaca verde” (una soluzione per accumulare e spostare l’idrogeno facilmente ed ottimale per le risorse impiantistiche di Marghera). Un sistema di accumulo e trasporto molto speciale che consentirà di assicurare ai punti di utilizzo l’approvvigionamento di idrogeno verde (quello ottenuto da rinnovabili, senza emissioni di anidride carbonica).

L’accordo ha come scopo finale la creazione di una Hydrogen Valley veneziana ovvero un distretto dell’idrogeno per coniugare lo sviluppo economico con la tutela ambientale.

Porto Marghera è il posto ideale per la realizzazione di entrambi i progetti in virtù di efficienti collegamenti marittimi, di ampi spazi portuali e dei collegamenti con la rete stradale, ferroviaria ed energetica nazionale ed europea.

Sapio, produttore di idrogeno da quasi 100 anni, vanta un’esperienza lungo l’intera filiera, anche attraverso una rete capillare su tutto il territorio nazionale. Metterà a disposizione le proprie competenze nell’ambito della produzione, del trasporto e della distribuzione dell’idrogeno. Darà il suo apporto di esperienza e competenza sia nella gestione di impianti produttivi che nella distribuzione di idrogeno puro attraverso idrogenodotti. Inoltre nell’installazione e gestione di una prima stazione di rifornimento, oltre che nell’handling dell’idrogeno verde sotto forma di ammoniaca”.

“Hydrogen Park dI Venezia è da tempo in prima linea per lo sviluppo di progetti utili alla produzione e alla distribuzione dell’idrogeno verde” – ha affermato il presidente di Hydrogen Park Andrea Bos – “La transizione energetica rappresenta una grandissima opportunità di crescita dell’attività industriale e dell’occupazione”.

“I porti del futuro saranno sempre più incubatori di innovazione tecnologica e non solo luoghi di carico e scarico di merci” – ha commentato Cinzia Zincone, Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale di Porto Marghera, un’area in grado di attrarre investimenti forieri di sviluppo, occupazione e innovazione a vantaggio di Venezia, del Veneto e del Paese”.

Il Gruppo Sapio, fondato nel 1922 con sede a Monza, con un fatturato di oltre 620 milioni di euro e 2200 dipendenti, produce, sviluppa e commercializza gas, tecnologie innovative e servizi integrati ed è membro attivo della Clean Hydrogen Alliance. Il consorzio Hydrogen Park è stato costituito il 15 luglio 2003 per la realizzazione di un Distretto dell’idrogeno a Porto Marghera. Nell’aprile 2005 è stato trasformato in Società Consortile S.c.a.r.l. Oggi è una realtà consolidata, che annovera tra i propri soci: Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo, Eni, Sapio, Decal e Berengo. Da quando, a partire dal 2010, le attività di ricerca e innovazione legate agli utilizzi dell’idrogeno hanno iniziato a ricevere un nuovo notevole impulso in Europa, è stato concepito e condiviso con la Regione Veneto un progetto per la realizzazione di un vaporetto a fuel cell alimentate a idrogeno. Denominato HEPIC (Hydrogen Electric Passenger venICe boat), ha raccolto l’interesse di Alilaguna e di alcuni partner. Dopo un impegnativo lavoro di sperimentazione e di messa a punto, il progetto si è concluso con il varo dell’imbarcazione.

Nel 2016 è stata istituita l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale (AdSPMAS) che comprende i porti di Venezia e Chioggia. Si tratta di un unico sistema per il Porto Laguna di Venezia, cioè un contesto unico al Mondo geografico, ambientale, sociale ed economico. L’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale è un ente pubblico non economico. Il suo compito è indirizzare, programmare, coordinare, promuovere e controllare le operazioni portuali. Svolge la manutenzione delle parti comuni, mantiene i fondali, sorveglia la fornitura dei servizi di interesse generale, amministra in via esclusiva le aree e i beni demaniali, pianifica lo sviluppo del territorio portuale. La sua azione è integrata con gli strumenti di pianificazione e gli indirizzi delle altre istituzioni pubbliche, dall’Unione Europea agli Enti locali.

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La prima nave da crociera a idrogeno sarà prodotta in Italia

MSC Mediterranean Shipping Company S.A con sede in Svizzera ma fondata a Napoli, è la seconda compagnia di trasporto marittimo al mondo (container e crociere) e controlla MSC Crociere, SNAV, Grandi Navi Veloci, Bluvacanze Caremar, Medway, Medlog. La MSC ha un fatturato di 28,19 miliardi di dollari (2015) e 28.000 dipendenti

La MSC ha commissionato alle italiane Fincantieri e Snam la prima nave al mondo da crociera alimentata a idrogeno. Le tre aziende realizzeranno il progetto che ottimizzerà il sistema di propulsione a fuel cells (celle a combustibile) e le relative infrastrutture di stoccaggio dell’idrogeno a bordo.

L’obiettivo, più in generale, è quello di promuovere l’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto marittimo e di renderlo disponibile su larga scala, L’iniziativa fa parte del percorso di MSC verso l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica entro il 2050

L’idrogeno può essere prodotto senza combustibili fossili, utilizzando energia rinnovabile per il processo di elettrolisi, quindi a emissioni zero per tutto il ciclo di vita della nave. Può poi essere utilizzato per generare energia elettrica attraverso le celle a combustibile, emettendo solo vapore acqueo e calore utilizzabile. Questo tipo di idrogeno “verde” ha un grande potenziale per contribuire alla decarbonizzazione del settore marittimo, partendo dalla crocieristica fino alle grandi navi da trasporto.

Pierfrancesco Vago, Executive Chairman della Divisione Crociere del Gruppo MSC, ha dichiarato: “Come azienda che da tempo pone al centro la sostenibilità ambientale, vogliamo essere in prima linea nella rivoluzione energetica per il settore navale e l’idrogeno può contribuire notevolmente in questo campo. Con questo progetto vogliamo introdurre questa promettente tecnologia nella nostra flotta, inviando al contempo al mercato il segnale più forte possibile di quanto seriamente prendiamo i nostri impegni per l’ambiente. Man mano che avanzeremo con lo sviluppo della tecnologia necessaria sono certo che anche i fornitori della filiera della energia verde accellereranno le loro produzioni e i governi interverranno con il supporto necessario per un progetto che è fondamentale per la decarbonizzazione delle crociere e della navigazione. Dato l’impegno a lungo termine del nostro gruppo in Italia, siamo particolarmente lieti di unire le forze con due aziende italiane come Fincantieri e Snam, leader su questo progetto chiave per noi e per l’intero settore navale”.

Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, ha dichiarato: “Ogni occasione per sviluppare nuove soluzioni e tecnologie è per noi fonte di crescita. Questo ci permette di proporre ai nostri clienti il meglio dell’innovazione e contribuire a ridurre al minimo l’impatto ambientale”.

Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, ha dichiarato: “Il trasporto marittimo oggi rappresenta circa il 3% delle emissioni di CO2 a livello globale. L’utilizzo dell’idrogeno può contribuire al raggiungimento dell’obiettivo delle zero emissioni in questo settore. Snam è fortemente impegnata a favorire la mobilità sostenibile su strada, su rotaia e via mare attraverso azioni concrete che promuovano l’utilizzo di combustibili rinnovabili come l’idrogeno e il Bio-GNL. Questo accordo è parte di una più ampia strategia finalizzata a fare leva sull’esperienza, sulle competenze e sulle tecnologie di Snam”.

Nei prossimi 12 mesi, le tre aziende studieranno i fattori chiave relativi allo sviluppo delle grandi navi da crociera alimentate a idrogeno. Questi includono l’organizzazione degli spazi a bordo per ospitare le nuove tecnologie H2 e le celle a combustibile, la definizione dei parametri tecnici dei sistemi di bordo, il calcolo dei potenziali risparmi sulle emissioni di gas serra ed un’analisi tecnica ed economica della fornitura di idrogeno e delle relative infrastrutture. “Una nave da crociera emette in un solo giorno la stessa CO2 di 80 mila auto” ha ricordato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen “Il settore navale è quindi una notevole fonte di emissioni di gas serra e per tagliare del 55% le emissioni di CO2 in Europa entro il 2030 e azzerarle entro il 2050 è necessario intervenire anche su questo settore”.

Fonte: Ufficio stampa MSC

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Le Mans 2025 a idrogeno con il team H24Racing

L’ ACO (Automobile Club de l’Ouest) ha ospitato ancora come apripista dell’ultima 24 ore di Le Mans il team H24Racing che aveva fatto la sua prima comparsa sul circuito nel 2019. Lo sviluppo del prototipo a idrogeno LMPH2G andrà alla ricerca di prestazioni, tenuta e potenza, in vista dell’esordio della classe elettrica a fuel cell previsto nel 2025 a Le Mans nella fase finale del campionato FIA World Endurance 2024-2025 che vedrà per la prima volta sulla griglia di partenza della mitica gara di 24 ore una categoria dedicata ai prototipi da corsa alimentati a idrogeno che correranno insieme alle auto con motori a combustione interna.

Pierre Fillon, Presidente dell’ ACO Automobile Club de l’Ouest: dichiara: “Devo ammettere la mia grande soddisfazione nell’annuncio dell’arrivo della vettura H24Racing a Le Mans 2025. Con questo team stiamo realizzando il nostro progetto. I risultati H24Racing nello sviluppo e implementazione nella tecnologia delle fuel cells (celle a combustibile) i una vettura da competizione non hanno precedenti. Metteremo alla prova la nostra nuova tecnologia, mettendola a confronto gli altri carburanti e motopropulsori. Confermare oggi che la 24 Ore di Le Mans avrà presto una macchina a idrogeno a fuel cells sulla griglia di partenza è particolarmente gratificante”.

Aggiunge Gérard Neveu, CEO di FIA WEC / ELMS: “Oggi, con MissionH24 e H24Racing, le convinzioni di ACO (Automobile Club dell’ Ouest) sull’idrogeno da inserire  anche nelle competizioni fra le auto a ruote coperte mi fanno affermare che le nostre serie con i nostri campionati saranno il banco di prova per raggiungere l’obiettivo dichiarato di MissionH24: diffondere le applicazioni a idrogeno mediante la creazione di una categoria a parte per le auto a fuel cells idrogeno alla 24 Ore di Le Mans del 2025. Stiamo correndo nel presente per il futuro “.

Christophe RICARD, presidente del progetto H24 “La nostra missione è quella di ottimizzare le soluzioni idrogeno-fuel cells-elettriche per veicoli per promuovere un’alternativa ai propulsori correnti e alle vetture solo elettriche. Abbiamo capito che dovevamo massimizzare il rapporto tra peso, massa e potenza del veicolo e del sistema a fuel cells perchè questo sarà il sistema di trazione del prossimo futuro per i veicoli. E cosa c’è di meglio per ottimizzare queste condizioni se non le corse, in cui questo approccio può essere esplorato e realizzato totalmente ? Ecco perché in collaborazione con ACO abbiamo scelto di cimentarci in questa nuova sfida che combina resistenza, prestazioni sostenibili, alta tecnologia ed emozione.

Jean-Michel BOURESCHE Direttore generale H24Racing “Quattro stagioni e alcuni mesi ci separano dalla 24 ore di Le Mans 2025. Quattro stagioni durante le quali H24Racing si impegnerà in eventi a media e lunga distanza per testare e ottimizzare la tecnologia dell’idrogeno-elettrico con il prototipo da competizione LMPH2G.. Nel corso del 2022, il prototipo sarà già in competizione sotto i colori di H24Racing. Stiamo scrivendo il futuro dell’automobile. “

I numeri tecnici del prototipo a fuel cell: 653 cavalli di potenza massima espressa da quattro motori elettrici, alimentati da un serbatoio di idrogeno da 8,6 kg e 700 bar di pressione (3 minuti necessari per un pieno) Le prestazioni: oltre 300 orari.  0-100 Km/h in 2”9, peso di 1.420 kg in ordine di marcia.

Fonte: ACO Automobile Club de l’Ouest